L’apporto femminile nella riunificazione dell’Italia

L’apporto femminile nella riunificazione dell’Italia

Parte prima

Donne del Nord: Lucia Decarli Keller

Il giorno 9 novembre 2011 l’attuale tesoriera della Sezione di Trento Lucia Decarli Keller e la Vicepresidente Luciana Grillo Laino hanno tenuto un incontro sul tema L’apporto femminile nella riunificazione dell’Italia: Donne del Nord e del Sud e Risorgimento.

Ha iniziato Lucia Decarli Keller con una relazione sulla realtà storica, politica, economica del Tirolo italiano, oggi Trentino, mettendo in evidenzia l’inserimento di questa terra nello stato plurinazionale e federalistico dell’Impero d’Austria (dal 1815 al 1918). Le strutture, gli ordinamenti, le forme di amministrazione avevano foggiato un certo modo di vivere e una certa mentalità e non si può dimenticare una constatazione storica: gli ordinamenti dell’amministrazione austriaca erano un modello di efficienza, chiarezza, semplicità pratica. Un ordinamento poco burocratico, semplificato, diventa anche scuola di chiarezza e linearità; quando invece è pieno di complicazioni e ombre diventa insegnamento di soluzioni equivoche.

Per legge erano state introdotte le Camere di Commercio, organo periferico del Ministero del Commercio e delle Industrie. Nel 1874 fu fondato l’Istituto Agrario di San Michele, poi le Cantine Sociali( che nel 1919 iniziarono una grave crisi), l’Organizzazione Cooperativa.

Del 1872 è l’ordinanza numero 108 intesa al completamento “dell’educazione dei fanciulli in età precedente quella in cui subentra l’obbligo di frequenza della scuola…“cioè l’attuale scuola materna e asilo nido. La Volkschule – scuola popolare con la legge teresiana (6 dicembre 1774), era attiva in tutte “le principali città, borghi, parrocchie…

Anche la legge sull’accatastamento degli immobili (catasto teresiano) fu importante provvedimento di buon governo.

Nobili e contadini furono sempre fedeli all’imperatore d’Austria. Fu nella borghesia, negli intellettuali, che attecchì l’irredentismo.

Con l’annessione del Trentino all’Italia il 4 novembre 1918, la popolazione subì un duro colpo oltre che finanziario anche psicologico. Una vera crisi d’identità di fronte ai nuovi e complicati sistemi d’amministrazione. La disperazione causata dalla feroce svalutazione della moneta austriaca (corona) che portò sul lastrico le famiglie. Il crollo del mercato del vino e della seta, non competitivi sul mercato italiano. E pochi anni l’avvento del fascismo. Chi aveva tanto sperato, chi aveva lottato e anche sofferto, ebbe molte ragioni per ricredersi.

E le donne? per la maggior parte di esse la loro esistenza continuò, sotto un’altra corona, nella stessa sottomissione ai genitori, al marito, alla società: così ancora per molti, molti anni.

Per le irredentiste ho ricordato Bice Rizzi, condannata a morte con pena commutata in carcere duro, creatrice e curatrice del Museo del Risorgimento a Trento e, guarda caso, socia fondatrice della Sezione di Trento della F.I.D.A.P.A.

Parte Seconda

Donne del Sud: Luciana Grillo Laino

Serafina Apicella collaborò all’organizzazione dei moti insurrezionali degli anni ’20 in Campania. Era una cilentana coraggiosa, fu catturata, spogliata, legata e calata in un pozzo, con l’acqua che le arrivava alla bocca, infine torturata con la pece dette torce. Nonostante sevizie così atroci, non parlò. Estratta ancora viva dal pozzo, fu frustata e condannata a 25 anni di prigione, da scontare nel carcere di Salerno, dove era imprigionata anche Alessandrina Tambasco, donna di straordinaria bellezza, arrestata con suo marito, Pietro Bianchi, sorella di Giuseppe Vito Tambasco che fu fucilato – sempre per motivi politici – il 27 luglio 1828. La sua testa venne esposta su una colonna nella piazza del suo paese, Bosco, non lontano da Sapri.

Alessandrina passò dal carcere di Salerno a quello di Ponza, poi di nuovo a Salerno, senza aver mai potuto riabbracciare i suoi tre figli. Scontata la pena, tornò a Montano Antilia, dove morì nel 1879, a 85 anni. Si tramanda che, quando seppe dell’arrivo di Garibaldi (1860) in Campania, sperando di poterlo ricevere nella sua casa, preparò un pane “speciale” la cui ricetta è ancora oggi segreta.

Le stampe ottocentesche rendono in parte giustizia alle donne che campeggiano sulle barricate, imbracciando le armi. Colomba Antonietti, di origine umbra, combatté fra i Bersaglieri per la Repubblica Romana e morì nello scontro di San Pancrazio. La sua personalità, il suo coraggio sono stati esaltati anche da Carducci e Dumas.

Antonietta De Pace, nata a Gallipoli da padre napoletano, visse a Napoli, accolse Garibaldi a Salerno ed al suo fianco entrò in Napoli.

Marianna De Crescenzo, a Napoli,   capeggiò  uno squadrone di armati e  accolse  Garibaldi con lo scialle sulle spalle e il pugnale alla cintura.

Naturalmente, non basta parlare delle donne che hanno combattuto in prima persona; dobbiamo ricordare che molte altre hanno contribuito in maniera determinante alla costruzione dello Stato Nazionale: il Risorgimento non è stato soltanto cospirazione e azione militare, è stato soprattutto processo di consapevolezza e di identità nazionale,  mobilitazione delle coscienze, rinascita morale e civile. Le donne si impegnarono con appelli, lettere, poesie patriottiche, gesti simbolici, insomma in tutta quell’azione sotterranea fatta di educazione, di trasformazione dei comportamenti, dei sentimenti, dei culti.  L’8 novembre 1860, a Napoli, il “Suffragio delle donne dell’Italia meridionale” scrisse a Vittorio Emanuele II dichiarando “ingiusta e ingrata la nuova società, che nega affatto ogni diritto politico alla parte più viva e più influente dell’umano consorzio”, mentre furono  le donne veneziane ad inscenare una manifestazione di protesta per esprimere l’amarezza e l’umiliazione per la loro esclusione da tutto ciò che riguardava il governo della cosa pubblica, nel 1866, mentre sul pennone di piazza S. Marco sventolava il primo tricolore.

Come non ricordare Enrichetta Caracciolo, nata a Napoli nel 1821 in una famiglia nobile, costretta alla monacazione dalla madre? chiese persino al Papa Pio 9° di essere dispensata dai voti, ma l’arcivescovo di Napoli si oppose duramente. Perciò Enrichetta diventò una rivoluzionaria, perseguitata per la sua attività di cospiratrice, arrestata, costretta a tornare a Napoli da clandestina. Il 7 settembre 1860 volle essere la prima donna napoletana a stringere la mano di Garibaldi.

Enrichetta Caracciolo è stata autrice di prose e poesie tradotte in molte lingue, ma soprattutto ha lavorato come corrispondente di giornali politici, è stata promotrice del Proclama alla Donna Italiana e, nel 1867, membro del Comitato  per sostenere i diritti femminili. Il suo romanzo “I segreti del chiostro” è stato per anni il libro più venduto!

Versi e prose dedicati alla causa dell’Unità furono scritti da Laura Beatrice Oliva Mancini, figlia di un intellettuale lucano, e da sua figlia Grazia. Laura Beatrice fu considerata la “poetessa del Risorgimento nazionale”. Esaltava i martiri della Patria – primi fra tutti i fratelli Bandiera -, l’indipendenza nazionale, la libertà; sottolineava il ruolo delle donne:

“……………………….Il ciel ripose

in noi madri, in noi spose,

le sorti liete della patria, o il danno…

Se concordi saremo dell’alta impresa

restano i figli nostri in sua difesa.”

Laura Beatrice, che nel doppio nome – per esplicita volontà di suo padre – ricordava le donne di Petrarca e Dante, fondò una scuola per maestre, combatté nei moti del ’48, frequentò intellettuali italiani come Vincenzo Gioberti e Massimo D’Azeglio, seguì il marito da Napoli a Firenze, infine a Torino, per tornare a Napoli nel 1860. E lì, nel Regio Teatro San Carlo, venne eseguita una sua Cantata alla presenza del Re d’Italia Vittorio Emanuele II. Morì nel 1869 e fu sepolta nel Famedio del Cimitero di Napoli, vicino al marito. Medoro Savini ha detto di lei:

“Laura Beatrice visse per l’Italia e morì col nome della sua Italia fra le labbra. La sua vita fu consacrata alla Patria, la sua morte è lutto per la Patria”.

Sua figlia Grazia – a verifica del proverbio popolare “Buon sangue non mente” – allieva di Francesco De Sanctis, partecipò a Torino alle riunioni degli esuli napoletani con suo padre “considerato il capo della numerosa tribù degli esuli napoletani rifugiati all’ombra della bandiera sabauda” ; il 10 maggio 1859, insieme alla madre, seduta nella tribuna del Parlamento, ascoltò il famoso discorso del re e fu colpita da quella frase che tutti noi abbiamo studiato e ricordiamo:

“Non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d’Italia si leva verso di noi…”

Entrò nel Comitato femminile di Torino, poi, tornata a Napoli, incontrò Garibaldi e nel suo salotto ospitò patrioti come Carlo Poerio e intellettuali come Antonio Ranieri. Lasciò nuovamente Napoli per Torino perché suo padre era diventato un deputato del Regno e “la sua parola deve risuonare in Parlamento, a difesa di quelle province, deve affrettare il compimento dell’Unità della Patria con Roma Capitale”.

Dunque, le donne erano presenti sui campi di battaglia, negli ospedali, nelle riunioni politiche, talvolta organizzate nei loro salotti…costruivano barricate e confezionavano divise e cartucce, facevano da vivandiere…e si occupavano anche della carta stampata! Fin dal 1848, da Venezia a Palermo comparvero e si affermarono giornali come “Tribuna delle Donne” a Palermo, “Circolo delle Donne Italiane” a Venezia, “La donna Italiana” a Roma, a riprova di come la partecipazione potesse innescare aspirazioni di “risorgimento delle donne e della nazione”. Una volta “fatta l’Italia”, ad alcune delle donne coinvolte, in particolare alle aristocratiche, toccò l’onore di una medaglia, oppure un anello con pietre tricolori, o anche solo l’onorificenza di “Benemerite della Patria”. Alla maggior parte, invece, si pensò come ad ispiratrici dei “fratelli d’Italia”, e dunque ridimensionando la presenza femminile…Il codice civile  del Pisanelli, nel 1865, contribuì all’oblio, escludendo le donne dai diritti politici e civili, condizionando i loro comportamenti in modo assai più restrittivo rispetto al codice austriaco. Ciò costituì una vera beffa per le donne lombarde e venete!

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