Accordo di azione comune per la democrazia paritaria
Le associazioni, reti e movimenti aderenti all’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria si felicitano del fatto che, per la prima volta nella storia della Repubblica, oltre il venticinque per cento degli eletti nel nuovo parlamento siano donne, e tra esse, molte giovani: in dettaglio (salvo aggiornamenti dovuti alle opzioni) 86 elette al Senato (27,3%) e 179 alla Camera (28,4%). Desta però preoccupazione che ciò avvenga in un quadro di grande incertezza politica dovuta alla mancanza di maggioranza al Senato della coalizione giunta prima alla Camera dei Deputati, col rischio di una breve durata della legislatura e che, perciò, le elette non siano poste in condizione di esercitare l’azione di rinnovamento di cui potrebbero essere protagoniste.
Le firmatarie dell’accordo chiedono che si tenga conto della accresciuta presenza femminile e che, perciò, vengano assegnati alle donne posti di responsabilità e di potere nelle Presidenze delle Assemblee, delle Commissioni e delle Giunte parlamentari e ritengono che, poiché si dovrà in ogni caso procedere alla elezione del Capo dello Stato, si possa avanzare la proposta di eleggere una donna alla Presidenza della Repubblica. Esse chiedono altresì che la metà dei ministri del Governo che comunque dovrà costituirsi siano donne.
Le firmatarie dell’accordo ritengono che la pressione esercitata dai movimenti delle donne che operano nella società civile, in particolare da quelle riunite nell’Accordo, abbia contribuito a convincere almeno alcune delle formazioni politiche scese in campo in questa competizione elettorale della necessità di mettere donne in lista per dimostrare che si voleva operare un rinnovamento del personale politico.
Tuttavia non si può ignorare la circostanza che, in gran parte, la accresciuta presenza delle donne in Parlamento sia (malgrado alcuni partiti siano ricorsi a primarie per la scelta dei candidati o alla loro designazione tramite il Web) più il risultato di un processo di cooptazione e di scelta compiuta dagli uomini, anche grazie alla legge elettorale vigente, che non a una vera elezione. Se ne trova conferma nel risultato, meno soddisfacente, ottenuto dalle donne nelle elezioni del Lazio, della Lombardia e del Molise: secondo i dati finora disponibili, il 18% nel Lazio, il 18,75% in Lombardia, due sole donne elette in Molise. Gran parte delle elette provengono dai “listini” del Presidente: è dunque evidente che è urgente introdurre, in tutte le elezioni in cui si vota con preferenza, la doppia preferenza di genere.
Le firmatarie dell’Accordo chiedono che in ogni caso il nuovo Parlamento:- metta mano subito alla modifica della legge elettorale introducendo “regole elettorali women friendly” che, quali che sia il metodo elettorale adottato, prevedano norme di garanzia per la presenza delle donne nelle liste e per assicurare parità di opportunità per essere elette e che raccordi i rimborsi elettorali (sia pur adeguatamente ridotti) alla percentuale di donne elette;- una legge che regoli il sistema dei partiti secondo l’articolo 49 della Costituzione, prevedendo anche norme per la parità di genere negli organi politici, in particolare quelli incaricati della selezione delle candidature. – norme di trasparenza e di riduzione dei costi delle campagne elettorali.
Le firmatarie dell’accordo chiedono ai neoleletti Presidenti del Lazio, della Lombardia e del Molise di comporre giunte con il 50% di donne e di pronunciarsi per una modifica delle leggi elettorali regionali, che introducano la doppia preferenza di genere
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