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Donne: aumenta l’età pensionabile, ma non gli aiuti alla famiglia.

Donne: aumenta l’età pensionabile, ma non gli aiuti alla famiglia

di Vivana Dabusti, Responsabile Area previdenza e soluzioni applicative di Irsa; membro ufficio stampa Ordine degli attuari.

Le lavoratrici del settore privato cesseranno l’attività cinque anni più tardi. Ma dovranno continuare a fare a meno di strutture di sostegno. Nell’ultimo anno abbiamo assistito a riforme previdenziali che hanno avuto come obiettivo quello di parificare l’età di pensionamento delle donne (sia del settore privato che del pubblico impiego) con quella degli uomini. Ma nel concreto questa modifica cosa comporta?

Consideriamo ad esempio le donne del settore privato. La normativa previdenziale precedente prevedeva che per coloro che appartengono al sistema retributivo (e quindi erano già lavoratori al 31 dicembre 1995) la pensione di vecchia spetta all’età di 65 anni per gli uomini e di 60 per le donne, con almeno:

– 15 anni di contribuzione se l’anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992 era uguale o superiore a 15 anni;

– 20 anni di contribuzione in caso contrario.

Per coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996, la pensione di vecchiaia si ottiene in uno dei seguenti modi:

1. età di 65 anni per gli uomini e 60 anni per le donne con almeno cinque anni di contribuzione;

2. indipendentemente dall’età con 40 anni di contribuzione;

3. con il sistema delle “quote”, cioè la somma del requisito contributivo minimo (35 anni) e l’età anagrafica:

– fino al 31/12/2012: QUOTA 96: 35 anni di contribuzione e 61 anni di età oppure 36 anni di contribuzione e 60 anni di età

– dal 1/1/2013: QUOTA 97: 35 anni di contribuzione e 62 anni di età oppure 36 anni di contribuzione e 61 anni di età.

Un ulteriore requisito, che deve essere soddisfatto in tutte le tre alternative sopra descritte, è quello relativo all’importo della pensione che non dovrà essere inferiore a 1,2 volte il cosiddetto assegno sociale.

In sostanza la riforma ha posticipato di cinque anni l’età di pensionamento di vecchiaia, lasciando inalterate le possibilità di pensionamento per anzianità (sistema delle quote).

Al di là della validità economica, previdenziale e sociale dell’operazione, è importante sottolineare che l’innalzamento dell’età pensionabile, deve essere accompagnata da azioni volte a sostenere le donne nel mondo del lavoro. Le lavoratrici, oltre a svolgere le mansioni all’interno della propria struttura lavorativa, spesso hanno sulle loro spalle la gran parte delle mansioni legate al menage della famiglia, e devono affrontare non poche difficoltà in questo duplice ruolo, a causa della mancanza di strutture.

Si pensi per esempio alla difficoltà di trovare un asilo o una scuola che abbiano orari conciliabili con quelli dell’entrata e uscita dal lavoro, o all’assenza di strutture in grado di aiutare le famiglie che devono occuparsi di anziani non autosufficienti. Queste e molte altre condizioni sfavorevoli non permettono alle donne di svolgere in maniera efficace ed efficiente il proprio duplice ruolo, portando, quindi, a inefficienze in un caso o nell’altro.

da : assicurazioni e previdenza 03/10/2011

http://www.lamiafinanza.it/default.aspx?c=14&a=17506&titolo=Donne–aumenta-l%27et%C3%A0-pensionabile-ma-non-gli-aiuti-alla-famiglia

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