Tema nazionale: “L’associazionismo femminile nella società civile: barometro di un cambiamento”.

Tema nazionale 2013/2015 : «Ruolo e finalità delle Associazioni femminili in una Società in rapida e continua evoluzione»

La Sezione di San Donà di Piave ha affrontato il tema nazionale in tre incontri sviluppandone tre aspetti : l’aspetto storico e la genesi del femminismo, il suo evolversi nel tempo anticipando le grandi trasformazioni sociali del Novecento e del nuovo Millennio, l’impegno civile richiesto alle socie come volontarie e come cittadine.

L’ ASSOCIAZIONISMO FEMMINILE IN VENETO UNA STORIA LUNGA CENTOCINQUANT’ANNI  – Interclub Treviso – San Donà di Piave

Saluti della Presidente Tatiuscia Specchio
Saluti della Presidente Katiuscia Specchio

Interessante conferenza è stata organizzata a Treviso il 19 Novembre nell’ Aula Magna del Liceo statale ” Duca degli Abruzzi” dalla locale Sezione FIDAPA BPWITALY in collaborazione con la Sezione di San Donà di Piave, nell’ambito del Tema Nazionale “Il ruolo dell’Associazionismo in una società in rapida e continua evoluzione”. Erano presenti la Presidente della Sezione di Treviso Laura Vendrame, la Presidente della Sezione di San Donà di Piave Katiuscia Specchio, la responsabile distrettuale della Commissione Arte e Cultura Ida Bressan, la Responsabile distrettuale per il contrasto alla dispersione scolastica Lucia Turrisi, l’Assessore alla Cultura , la Vicepresidente della Commissione Regionale Pari Opportunità Cristina Greggio, e studentesse del Liceo che ha ospitato l’incontro. La dirigente scolatica del Liceo “Duca degli Abruzzi”, nel porgere i suoi saluti ha messo in evidenza quanto siano diverse oggi le ragazze italiane, meno idealiste, meno fiduciose, perché vivono in una società più ricca che in passato, ma che non offre loro la certezza del domani. Dopo i saluti Istituzionali e delle presidenti FIDAPA ha preso la parola la Dott.ssa Cristina Greggio che ha presentata la ricerca delle studiose Liviana Gazzetta e Franca Cosmai sull’associazionismo femminile in Veneto come parte di un progetto sulle tematiche associazionistiche femminili diretto ed elaborato dalla Prof.ssa Saveria Chemotti, Delegata per la cultura e gli studi di genere dell’Università di Padova e finanziato dalla Regione Veneto per la Commissione regionale per la realizzazione delle pari opportunità tra uomo e donna, sotto la presidenza di Simonetta Tregnago. La relatrice, prof.ssa Liviana Gazzetta,nel suo intervento ha proposto una ricostruzione sintetica ed efficace del cammino identitario e giuridico avanzato dai movimenti di liberazione delle donne, che a partire dalla seconda metà del XIX secolo hanno avviato rivoluzioni e trasformazioni. I movimenti femminili, nella molteplicità delle rivendicazioni, hanno avuto il merito di promuovere la parità dei diritti civili e politici . I movimenti neofemministi degli anni Settanta del Novecento nelle loro diverse contestualizzazioni, hanno comunque posto a livello internazionale, e per la prima volta nella storia umana, la questione femminile come sapere e ambito di studio e di ricerca di genere.

Prof. Liviana Garzetta
Prof. Liviana Garzetta

Nel periodo Risorgimentale in Italia il dibattito sui diritti delle donne, sulla loro educazione ed emancipazione fu assai provinciale. Molti degli “illustri pensatori” del Risorgimento italiano si limitarono a ribadire la soggezione della donna. Anche per quanto riguardava i diritti politici, il dibattito in Italia era stato assai poco acceso. Le stesse donne attive sulla scena politica erano uno sparuto gruppo ed in generale appartenenti alle classi sociali elevate. Se prendiamo come metro di valutazione del godimento dei diritti civili e politici il codice napoleonico, che venne celebrato come aperto e illuminato, possiamo vedere che alle donne era richiesta l’autorizzazione maritale, confermata nel Codice del 1865 : (art. 134 Codice civile del 1865) la moglie doveva avere l’autorizzazione del marito per quasi tutti gli atti legali e commerciali, come ad esempio vendere o donare beni immobili, contrarre mutui, o ipoteche, cedere o riscuotere capitali (firmare assegni), fare causa (o resistere a cause iniziate da altri) …… Anche se i beni o i capitali erano di sua proprietà (e infatti la sua dote era amministrata solo dal marito)poichè la donna era considerata giuridicamente incapace. Si evince, dunque, come l’unica libertà esprimibile, da parte della donna, fosse quella di scegliere o meno di contrarre matrimonio. Oltre a non poter concludere atti giuridici relativi ai propri beni se non autorizzate, le donne non avevano la tutela legale dei figli.
Dobbiamo arrivare al 1868 per vedere la nascita di un giornale emancipazionista come “La Donna” edito a Padova e diretto da Gualberta Alaide Beccari, mazziniana. Principale scopo della rivista era quello di informare ed educare la donna in tutti gli ambiti: politico, letterario, scientifico ed artistico. In seguito al trasferimento della redazione a Bologna argomento centrale divenne infatti l’attività delle società operaie di ispirazione mazziniana e di conseguenza l’attenzione alla lotta rivendicativa nel mondo del lavoro. Attorno alla figura della Beccari e della rivista si creò una fitta rete di amicizie e corrispondenze che implicavano anche un intreccio di rapporti solidali e paritari, una rete di relazioni, come si direbbe ora, che si realizzava attraverso le pagine della rivista, ma anche durante le riunioni periodiche che avvenivano nella casa della Beccari. Le riunioni della redazione de «La Donna» si trasformarono in nuove occasioni di riunioni tra donne, non più confinate all’interno dei salotti, ma sempre più aperte a nuove esperienze e forme di discussione ed incontro. Fu naturale conseguenza trovare strade nuove di sostegno, e queste furono le Società di mutuo soccorso, formate o solo da donne o miste, dove comunque le donne avevano ruoli subalterni. All’inizio erano gestite da “patronesse”, donne appartenenti all’aristocrazia o ricca borghesia che esercitavano sulle lavoratrici, a cui fornivano il lavoro, una sorta di atteggiamento coercitivo e di stretta tutela.
In seguito furono fondate le Leghe socialiste di resistenza legate alle attività manifatturiere, che tuttavia ebbero meno successo nell’ambito femminile perché la politica dell’abbattimento dello stato capitalista non era tra gli obiettivi delle donne. Per esse fu più congeniale iscriversi ad Associazioni di indirizzo cattolico, tra le più diffuse le “Figlie di Maria” e le Madri Cristiane, che avevano finalità morali e religiose.
La lunga strada dell’emancipazione trova nella dignità del lavoro e nell’aspirazione al voto lo scopo di tante lotte. Il 1 febbraio del 1945, su proposta di Togliatti e De Gasperi, venne infine concesso il voto alle donne. La Costituzione garantiva l’uguaglianza formale fra i due sessi, ma di fatto restavano in vigore tutte le discriminazioni legali vigenti durante il periodo precedente, in particolare quelle contenute nel Codice di Famiglia e il Codice Penale. L’emancipazione comunque andava avanti, anche se a piccoli passi, spesso ambigui. Nel 1951 viene nominata la prima donna in un governo (la democristiana Angela Cingolani, sottosegretaria all’Industria e al Commercio). Nel 1958 viene approvata la legge Merlin, che abolisce lo sfruttamento statale della prostituzione e la minorazione dei diritti delle prostitute. Nel 1959 nasce il Corpo di polizia femminile, con compiti sulle donne e i minori. Nel 1961 sono aperte alle donne la carriera nel corpo diplomatico e in magistratura. Prima che i cittadini venissero chiamati a votare il referendum, il Parlamento approva nel 1977 una legge sulla legalizzazione dell’aborto. Frattanto nel 1970 era stato concesso il divorzio (vittoria ribadita con la vittoria dei no al referendum promosso nel 1974 dai clericali che ne chiedevano l’abolizione); nel 1975 era stato infine riformato il diritto di famiglia, garantendo la parità legale fra i coniugi e la possibilità della comunione dei beni. La società italiana era notevolmente cambiata e le leggi avevano in parte sancito tale cambiamento. Rimanevano però tracce della passata discriminazione in leggi quali quella che comprendeva fra i “delitti contro la morale” anche lo stupro e l’incesto, legge eliminata soltanto recentemente. All’inizio del nuovo secolo è caduto anche l’ultimo baluardo di esclusione delle donne in ambito statale, quello militare. Al termine dell’intervento le associazioni femminili del territorio, Movimento italiano Casalinghe, FIDAPA BPWITALY e CIF, hanno presentato la loro storia e la loro programmazione.

“L’associazionismo femminile nella società civile: barometro di un cambiamento”.

La sezione Fidapa B.P.W. Italy di San Donà di Piave ha sviluppato il tema nazionale, scegliendo un argomento impegnativo: “L’associazionismo femminile nella società civile: barometro di un cambiamento”.
Venerdì 9 maggio 2014, ore 20.00, presso la Trattoria “Guaiane”, alla presenza della presidente e della past presidente della sezione Fidapa di Treviso, di alcune socie dell’associazione culturale “Tra le righe”, dell’AMMI (associazione mogli medici italiani), del presidente Lions di San Donà di Piave, la relatrice professoressa Fiorenza Taricone, docente di storia dell’associazionismo femminile dell’Università di Cassino e Lazio meridionale, ha saputo interessare i presenti abbracciando molti temi, il cui valore “scientifico e umano” è stato apprezzato da tutti.
La prof.ssa Taricone afferma che la questione femminile è sempre esistita, tanto che già nella Venezia del ‘600 sorsero le prime formulazioni di opposizione alla tesi dell’inferiorità della donna nei confronti dell’uomo.
“Storicizzare vuol dire che le relazioni tra i generi sono state oggetto di analisi e dispute, in ogni epoca.
Oggi più che mai si rafforza la necessità di una nuova storiografia, e bisogna inserire nella storia un dibattito che investa le sfere più intime, gli affetti, le relazioni degli individui.”
L’associazionismo femminile è stato un importante strumento che le donne hanno utilizzato da più di un secolo per intervenire nella società, per essere ascoltate, per difendere i propri diritti, per occuparsi del prossimo e dei bisognosi.
Basti ricordare Maria Montessori (1870-1952), famosa pedagoga, che sin da giovane si battè per la parità tra uomo e donna: promosse importanti campagne contro l’analfabetismo che colpiva soprattutto i poveri, creò a Roma un istituto per l’educazione e per l’assistenza ai bambini bisognosi.
In Italia, dopo il ventennio fascista, durante il quale il libero associazionismo era stata messo a tacere, le donne ripresero azioni per migliorare la condizione femminile. Molte conquiste sociali si devono proprio alle lotte e alle associazioni: i nidi, le scuole per l’infanzia, le mense, il tempo pieno, il diritto al lavoro, l’accesso a tutte le carriere e professioni, la pensione alle casalinghe, l’apertura di consultori, il diritto di famiglia.
Purtroppo la condizione femminile era talmente arretrata che fu necessario lavorare a lungo per fare in modo che la donna potesse intraprendere la carriera in magistratura, quella diplomatica, perchè venisse formulata la legge in tutela delle donne lavoratrici, la legge per il divorzio, sull’aborto, la legge contro la violenza sessuale e quella sulle donne soldato.
Tutti questi importantissimi traguardi sono stati raggiunti grazie alle associazioni femminili che, in questo senso, hanno tracciato la storia e la vita democratica delle donne e del Paese tutto.

foto rubinato“Le donne e l’associazionismo: l’impegno nella società civile”.

L’8 Marzo del 2014 alle ore 19.00 si è svolta presso la Trattoria Tonetto un’ interessante cena-dibattito sul nostro Tema Nazionale dal titolo “Le donne e l’associazionismo: l’impegno nella società civile”.
Relatrice l’On. Simonetta Rubinato, avvocato civilista, deputato della Repubblica, dal 2004 sindaco del Comune di Roncade, rieletta nel 2009, è componente della V Commissione (Bilancio) della Camera, fondatrice lei stessa dell’ associazione femminile “Il Parlamentino rosa”.
E’ intervenuta l’insegnante Dina Brondolin, assessore alle Pari Opportunità. Alla serata, nella quale abbiamo anche festeggiato tutte le donne del mondo, con l’augurio che esse vigilino e si impegnino per una equa e giusta suddivisione dei compiti fra i sessi, hanno partecipato le socie AMMI (associazione mogli medici italiani), le socie dell’associazione culturale “Tra le righe”, con letture di brani e poesie al femminile, e socie Soroptimisit, per favorire la conoscenza di associazioni esistenti sul territorio e per rapporti di collaborazione (come auspicato dalla nostra presidente nazionale).
E’ stata una serata estremamente interessante, di successo, che ha spinto tutti i presenti a riflettere sulle reali e concrete possibilità di crescita del contributo femminile.
E’ stata anche un occasione per celebrare la Giornata Internazionale della Donna. La Presidente della sezione Katiuscia Specchio ha ricostruito la storia di tale ricorrenza. Due le date principali, tutte legate all’8 marzo: la celebrazione si è tenuta per la prima volta negli Stati Uniti nel 1909 e in Italia nel 1922. Anche se nel nostro Paese, per iniziativa del Partito comunista d’Italia, inizialmente coincise con il 12 marzo, giornata in cui cadeva la prima domenica dopo l’8 marzo. Da allora si ricordano le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, ma anche le discriminazioni e le violenze che le riguardano ancora in alcune parti del mondo. Ma le origini risalirebbero al 1908, quando un gruppo di operaie dell’industria tessile Cotton di New York scioperarono per protestare contro le condizioni in cui lavoravano. Dopo alcuni giorni di conflitto con le maestranze, l’8 marzo il proprietario, per ritorsione, bloccò tutte le porte di uscita dello stabilimento. Quel giorno scoppiò un incendio che uccise 129 di loro. Successivamente questa data fu proposta da Rosa Luxemburg come giornata di lotta internazionale a favore delle donne. Ma questa è una versione contestata da molti infatti, secondo alcuni si farebbe in realtà confusione con un’altra tragedia verificatasi a New York, quando il 25 marzo 1911 morirono 146 lavoratori (per la maggior parte giovani donne immigrate dall’Europa) durante l’incendio della fabbrica Triangle. Altri dicono che l’evento prenda invece spunto dalla repressione della polizia di una manifestazione sindacale di operaie tessili tenutasi nella medesima città ben prima, cioè nel 1857. L’8 marzo è una data davvero rivoluzionaria. In quel giorno del 1917, a San Pietroburgo, le donne marciarono lungo le strade per il «Pane per la Pace», chiedendo a gran voce la fine della guerra e manifestando per i propri diritti. Evento che in Russia diede origine alla Rivoluzione di Febbraio, alla successiva destituzione dello zar e all’attribuzione del diritto di voto alle donne stesse. Nel 1959, le senatrici Luisa Balboni, Giuseppina Palumbo e Giuliana Nenni presentarono una proposta di legge per rendere la giornata della donna una festa nazionale. Ma l’iniziativa cadde ben presto nel vuoto. A proposito del simbolo della mimosa. Anche in questo caso la storia è controversa. Sembra che in Italia l’idea di eleggere il fiore a simbolo della ricorrenza sia da attribuire all’iniziativa risalente al 1946 delle femministe Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei le quali, venute a sapere che il vicesegretario del Pci Luigi Longo intendeva regalare nel giorno della ricorrenza tutta al femminile delle violette, suggerì di cercare un fiore più povero e più diffuso nelle campagne. Scelta probabilmente dettata dalla stagionalità e da un fattore di gusto e di colore.

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